Quando Carla Gravina e Gian Maria Volonté s’incontrano a Verona per interpretare Romeo e Giulietta, la prima ha diciotto anni, il secondo ventisette. Il nome di Volonté era diventato noto al pubblico televisivo dopo il successo nell’Idiota con Albertazzi ma nel luglio del 1960 era Carla Gravina ad attirare su di sé tutte le attenzioni della stampa. Nonostante la giovane età aveva già lavorato in sette film. Amore e chiacchiere di Alessandro Balsetti, I soliti ignoti di Mario Monicelli, Esterina di Carlo Lizzani, solo per citare i più noti. Inoltre tra il 1958 e il 1959 l’attrice era entrata nelle case degli italiani con lo sceneggiato Padre e figli e con il programma Il Musichiere in cui affiancava come valletta il presentatore Mario Riva.
Circa otto anni fa ho raccontato la storia di Albertino Bonvicini, prima in un documentario poi in un libro pubblicato per Add editore.
Cominciamo dal principio
Nella seconda metà degli anni Cinquanta la famiglia Bonvicini viveva in via Filadelfia a Torino, nei pressi dell’allora Stadio Comunale. Nel 1958 nacque Albertino, due anni dopo il padre si rese irreperibile arruolandosi nella legione straniera. La madre, priva di qualunque sostegno economico e affettivo, prese la decisione di sistemare il bambino in collegio, prima all’Istituto Valle di Carmagnola, poi all’Istituto Teti di Ceriale. Nel novembre del 1966 Albertino fu trasferito all’istituto del Sacro Cuore di Gesù di Montaldo di Cerrina in provincia di Alessandria, più confortevole e vicino alla nuova residenza della mamma. (altro…)
Io e la mia famiglia abbiamo trascorso una giornata ad Aliano nel maggio del 2017 sulle tracce di Carlo Levi-Volonté. Al nostro arrivo ci sembrò che in paese non ci fosse nessuno all’infuori dei pochi turisti e di alcuni anziani seduti ai tavolini del bar. C’era silenzio, ed era quello che speravamo di trovare. Ero reduce dal traffico di Napoli, da neopatentato avevo sfidato il caos del lungomare e ne ero uscito vittorioso salvando la preziosa vernice dell’auto a noleggio.
Volevo scovare i luoghi cari al pittore e scrittore torinese. Tuttavia i miei riferimenti visivi non erano le pagine del libro ma il film di Francesco Rosi. Va ricordato che il regista allestì il set anche a Craco, un paese abbandonato, e Guardia Perticara, dove all’epoca delle riprese gli edifici storici erano ancora intatti e dunque più adatti agli esterni. (altro…)
Lydia Alfonsi è stata tra le prime persone che ho avuto il piacere d’intervistare per il libroGian Maria Volonté. Un’attrice tra le più moderne della sua generazione. Dopo gli esordi teatrali il grande pubblico la scopre negli anni Sessanta attraverso alcuni sceneggiati di successo. In seguito il suo nome resterà legato ai classici interpretati in palcoscenico: Elettra, Fedra e Medea. Lydia è sorpresa dalla mia telefonata, stupita che qualcuno s’interessi ancora a lei. È l’attrice che più ha lavorato con Gian Maria Volonté, hanno condiviso il set di ben tre sceneggiati e quattro film.
Cinquant’anni fa andava in scena il grande rifiuto
Ottobre del 1968. Finite le vacanze in Sardegna, Gian Maria Volonté avrebbe dovuto cominciare le riprese di Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi. Tuttavia dopo una notte insonne restituì l’anticipo di due milioni e mezzo e rinunciò al film. La produzione bloccò le riprese e lo citò in giudizio per inadempienza contrattuale. A molti giornali non sembrò vero di poter mettere sulla graticola il compagno Volonté.
Ma ce n’è un’altra che mi piace pure; la maestrina della prima inferiore numero 3, quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette nelle guancie, e porta una gran penna rossa sul cappellino e una crocetta di vetro giallo appesa al collo. È sempre allegra, tien la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per impor silenzio; poi quando escono, corre come una bambina dietro all’uno e all’altro, per rimetterli in fila; e a questo tira su il bavero, a quell’altro abbottona il cappotto perché non infreddino, li segue fin nella strada perché non s’accapiglino, supplica i parenti che non li castighino a casa, porta delle pastiglie a quei che han la tosse, impresta il suo manicotto a quelli che han freddo; ed è tormentata continuamente dai più piccoli che le fanno carezze e le chiedon dei baci, tirandola pel velo e per la mantiglia; ma essa li lascia fare e li bacia tutti, ridendo, e ogni giorno ritorna a casa arruffata e sgolata, tutta ansante e tutta contenta, con le sue belle pozzette e la sua penna rossa. È anche maestra di disegno delle ragazze, e mantiene col proprio lavoro sua madre e un fratello. [Edmondo De Amicis, Cuore, Fratelli Treves, Milano, 1886]